UNA DATA DA NON DIMENTICARE
Di GRAZIA PISCOPO
Presidente Associazione Horah di Lecce.
In piazza Palestina a Teheran, al margine di un immenso spazio di cemento, troneggia un grande orologio. Non è un monumento, né un riferimento allo stile di un particolare momento storico. È uno strumento che segna un countdown, conta i giorni rimasti all’esistenza di Israele. E’ per l’Iran una vera ragione di Stato. E’ la prospettiva, in altre parole, di risolvere in modo definitivo la “questione ebraica” in Medio Oriente. Settemila giorni, solo 7000 giorni, neanche fossero stati trasmessi direttamente dall’oracolo di Delfi per voce della sacerdotessa Pizia nel registro paga di un discendente di Amin al-Husseini. Coronamento di un sogno di un totalitarismo nudo e misogino, di una dittatura teocratica alla cui guida c’è solo un uomo l’Ayatollah Khomeini, al cui servizio esiste una polizia etica pronta a intervenire e a punire persino per ciocche di capelli che fuoriescono dal velo delle malcapitate donne. L’ayatollah si è auto- referenziato di immunità ieratica.
La piazza di Teheran era letteralmente in festa quel 7 ottobre 2023. I canali televisivi locali trasmettevano i festeggiamenti dei leaders di Hamas in diretta da un albergo di lusso in Qatar e di tanta altra gente che aveva trovato nel massacro di uomini, donne e bambini israeliani l’obiettivo della loro felicità e pace interiore su questa terra. Più di 1400 israeliani fra civili e militari trucidati, 53 bambini decapitati o messi vivi nei forni mentre genitori al limite della sofferenza fisica perché mutilati, consumavano la propria vita imprimendo nei loro occhi il dolore dei propri figli.
Donne stuprate e poi uccise, recidendone gli organi riproduttivi, pratiche cruente queste di evirazione comune d’altronde a molti uomini israeliani presi in ostaggio. Un attacco senza precedenti nella storia moderna che invece è stato motivo, quasi fosse stata una festa patronale, di tanta ed estrema allegria dopo una ancestrale vittoria del “bene sul male” ebraico.
All’improvviso, mentre si svolgeva il Festival musicale “Supernova”, tutelati in sicurezza della propria Terra dai sistemi di difesa e dalle leggi della civiltà internazionale. All’improvviso, mentre si ballava, si beveva e cantava, militanti di Hamas e jiadhisti si fiondavano da atleti professionisti con minideltaplano su civili inermi e altri, travestiti da militari israeliani, con armi automatiche bucavano uomini e donne e rendevano inagibili i veicoli parcheggiati di tanta altra gente che avrebbe voluto fuggire da quell’inferno.
Un assalto via terra che vedeva solo nella prima mattina dell’attacco impiegati 3000 razzi e il rapimento di 250 ostaggi fra cui un bambino di pochi mesi. E mentre una miriade di droni tagliava le linee di comunicazione del vero Esercito Israeliano, le basi e il comando delle forze che controllavano il confine venivano assaltati e distrutti contemporaneamente alla recinzione in una decina di punti. Operazione militare questa organizzata sicuramente da alcuni anni per precisione di coordinamento e spiegamento di mezzi militari. Si è potuto tristemente constatare, dopo la fatale ma prevedibile pesante risposta israeliana, che sotto Gaza, con sbocco dentro lo stato ebraico, si estendeva una ramificata rete di tunnel per 500 km con depositi di rifornimento di carburanti e armi.
Cinquecento km lavorati nel tempo da martelli pneumatici, escavatrici, manovalanza umana e denaro, tanto denaro. Eppure Israele, credendo di poter agevolare infrastrutture, ospedali e scuole palestinesi, aveva facilitato a Gaza il trasferimento di circa 30 milioni di dollari in contanti e criptovalute dal Qatar e aiuti militari provenienti dall’Iran. Il livello di guardia di Israele era insolitamente basso. Con gli “Accordi di Abramo”, dichiarazioni congiunte fra Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti, raggiunti il 13 agosto 2020, finalmente si sottoscriveva un accordo di pace e relazioni diplomatiche fra gli Emirati tra cui Bahrein, Marocco e Sudan e lo Stato d’Israele.
Testimone Donald Trump presso la Casa Bianca a Washington. Tuttavia all’ombra di meravigliosi accordi di pace dedicati ad Abramo, patriarca unico per le tre religioni monoteiste, si preparava una guerra oscura e sotterranea. La risposta di Israele, contestata ovviamente con occupazioni nelle università, sfilate per le strade e vari boicottamenti economici, da buonisti, terzomondisti, antisemiti, antisionisti e anticolonialisti mondiali ma principalmente europei in piena crisi ormonale, non si è fatta aspettare per forza di decisione e potenza di fuoco. D’altronde per molti, gli ebrei devono sempre soccombere in silenzio per poi essere pianti in qualche altro giorno dedicato alla Memoria, nel solito copione da “sepolcri imbiancati”.
Quel 7 ottobre nei villaggi le telecamere di sorveglianza erano state disattivate perché finalmente si respirava l’aria di una sospirata pace negoziata.
Le intercettazioni sistematiche sulle reti di Hamas procedevano ormai senza interesse e la vigilanza era sparuta e poco armata. Ancora una volta, a torto, Israele confidava in una pace per il suo popolo martoriato da secoli da pogrom in Europa e attacchi armati e intifade da parte dei Fratelli Musulmani dal 1948 in poi. Due voci contrastanti, attraverso i mass media, la prima, quella del principe saudita Bin Mossad che ha definito l’Asse della Resistenza dei Fratelli Musulmani una grande Bugia, accusando l’Iran di strumentalizzare la causa palestinese per estendere il raggio di influenza in Medio Oriente ai danni degli stessi palestinesi”, ostaggio della politica di sottomissione alla sharia e di annichilamento con ogni mezzo dello stato ebraico, e la seconda quella di Khaled Mashaal, membro dell’ufficio politico di Hamas: “I vietnamiti hanno sacrificato 3,5 milioni di persone. Nessuna nazione è stata liberata senza sacrifici”.
In nome del martirio imposto a ignari palestinesi, colpevoli solo della loro nescienza, il fanatismo jihadista nella propaganda tanatofila dei fratelli musulmani prescrive che civili morti palestinesi servono da presentare al mondo come vittime sacrificali della ferocia e crudeltà bellicistica degli ebrei in Israele. Quanto è più forte la risposta di Israele, tanto più agli occhi del mondo gli ebrei si manifestano colpevoli. E se l’ebreo è colpevole, gli “altri” devono per forza essere innocenti.
I “disfattisti” per Hamas sono quelli che non si fanno ammazzare per la causa islamica e per la propaganda antisemita. E’ la politica della morte. È’ l’obiettivo dell’islam politico.
Il 7 ottobre non può essere dimenticato
.jpeg)
Commenti
Posta un commento