La pace non è per sempre
La Pace non è per sempre
E’ voce degli ultimi giorni, dopo “botte e risposte” tutte preannunciate di lanci missilistici e droni suicidi da una e dall’altra parte, che per la quarta volta dal tragico 7 ottobre, gli Stati Uniti ora insieme ad Austria, Germania, Belgio, Regno Unito, Spagna, Grecia, Giappone e Italia, hanno bloccato risoluzioni ONU ponendo il veto per il riconoscimento dello Stato Palestinese. Fidate voci di corridoio fra i funzionari statunitensi e sauditi al Wall Street Journal, ribadirebbero un accordo diplomatico a lungo termine ad Israele in cambio del riconoscimento da parte della capitale dell’Arabia Saudita, Ryadh. A confutare tutto questo c’è ancora il parere e la volontà dello Stato di Israele che nella persona di Benjamyn Netanyahu si oppone assolutamente alla creazione di uno stato Palestinese come premio-trofeo in un eventuale scenario post bellico. A detta dell’ufficio stampa governativo “Israele si impegna ad avere il controllo della sicurezza sull’intera Striscia di Gaza”. Insomma, le cose d qualsiasi parte le si guardi non sono davvero semplici e sotto la lente di ingrandimento di qualsiasi “ratio” la visione di due Stati e due Popoli sembra quasi, ingiustificatamente, sempre più lontana. Ciò che a tutti quanti ora parrebbe una logica e pacifica soluzione conclusiva è invece il prodotto di relazioni tossiche fra i Popoli Mussulmani e Israele. La chiave di lettura deve essere decodificata dal sempiterno rifiuto arabo non solo per accomodamenti divisori di territorio anche se per se stessi vantaggiosi ma soprattutto per il rigetto, come se fosse un corpo patogeno da rimuovere, dello stesso Stato di Israele.
Nel 1917 quando venne formulata la Dichiarazione di Balfour, si sottoscrisse, sotto il mandato Britannico, il primo documento ufficiale a sostegno della nascita di un focolare ebraico in Palestina di cui in realtà non si conoscevano ancore le esatte dimensioni. Le migrazioni che erano in parte già avvenute alla fine del secolo precedente, ebbero il felice e legittimo riconoscimento verso l’agognata terra degli avi. Sotto i fuochi devastanti dell’olocausto europeo, le emigrazioni sia verso la Palestina che l’America, si moltiplicarono. Nel 1937 invece la Commissione Peel, sempre sotto mandato Britannico, che risentiva tangibili pressioni musulmane che si opponevano con qualsiasi mezzo alla presenza ebraica, elaborò un piano di spartizione del territorio della Palestina di cui il 70% spettava agli arabi, il 17% agli ebrei immigrati e la restante percentuale alle popolazioni autoctone. Ben Gurion e Chaim Weizmann, leaders sionisti, pur di stipulare un accordo e una pace valida per tutti, accettarono “obtorto collo”. Purtroppo anche se l’accordo era stato stipulato a vantaggio di una sola parte, gli arabi non accettarono la soluzione e incominciarono a sparare come segno di protesta da loro abitudine. E ancora il 31 agosto del 1947 UNSCOP (Comitato Speciale delle Nazioni Unite per la Palestina) rese noto che il territorio, per buona pace di tutti, sarebbe stato diviso in due stati indipendenti uno Arabo e uno Ebraico. I leaders arabo-pelestinesi si opposero anche questa volta, pretendendo di governarlo tutto con capitale Gerusalemme, essendo da parte loro “impensabile che una terra reputata DAR AL-ISLAM (casa dell’Islam) possa vivere e prosperare in una posizione paritaria a un altro Popolo”. Assalti, omicidi e incendi di negozi ebraici (eco recente della Notte dei Cristalli in Europa) caratterizzarono il loro inequivocabile dissenso. Nel 1979 dopo un anno e mezzo di negoziati tra Israele e Egitto, fu siglata la tanto sospirata pace. Un anno prima, 1978, Sadat, il Presidente Egiziano, si rivolse sornione ai notabili di Al-Azhar, la Suprema Corte Sunnita, per “chiedere” pubblicamente il convalidato assenso per la pace. Per tutta risposta i notabili gli confezionarono una Fatwa di tre pagine nella quale asserivano che la pace con Israele era direttamente proporzionale a quella che il profeta Maometto stipulò con i Meccani a Hudaybiyyah. Nel 622 il Profeta emigrò dalla Mecca a Medina, la cosiddetta Egira e volendo prevale sulla Mecca, costituì una importante forza armata che non sfuggendo al controllo dei Meccani, indusse questi a costituirne una ancora più grossa. Le due armate spinte in singolar tenzone si incontrarono a Hudaybiyyah e quando Maometto si accorse della forza soverchiante del nemico, si decise a firmare un giusto accordo di pace per nove anni, nove mesi e nove giorni. Dopo due anni i Meccani abbassarono la guardia e furono attaccati. In spregio a qualsiasi tregua, gli uomini furono uccisi, le donne catturate e schiavizzate e tutti i loro idoli bruciati. Con gli accordi di Oslo del 1993 che prevedevano il ritiro dell’esercito Israeliano da alcune aree della striscia di Gaza e Cisgiordania e che affermavano l’autogoverno dello Stato Palestinese, tutto si fece più chiaro. Arafat rivendicando Gerusalemme come primo sito sacro all’Islam, paragonò gli accordi di Oslo a quelli istituiti nel settimo secolo da Maometto con la tribù Quraish. Questi percependo come superiore la forza della propria armata, dopo qualche anno, abrogò gli accordi di pace e sterminò la tribù di Quraish, colpevole di non essersi integrata alla sua. Dobbiamo fare tesoro degli avvenimenti di questa Storia, tasselli confezionati da volontà politiche predatorie. Per capire meglio la parola Pace dobbiamo fare un distinguo fra i vari significa della tre religioni monoteistiche. In occidente è simbolo di buon accordo e concordia. Con Shalom, corrispettivo ebraico, si augura all’altro pure la salute. Salam in arabo significa tregua. Solo “tregua”.
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